Enrica Salvatori
I giuramenti collettivi
di pace e alleanza nellItalia comunale*
[A stampa in Legislazione
e prassi istituzionale nellEuropa medievale (secoli XI-XV) (Atti del
convegno GISEM: Tradizioni normative e diritto
internazionale nellEuropa dei secoli XII-XV; Pisa, 12-15 dicembre 1994),
a cura di G. Rossetti, Napoli 2000 Distribuito in formato digitale da Reti
Medievali]
Nel 1198 oltre cinquecento cittadini
fiorentini, abitanti in Porta S. Pancrazio, giurarono di attenersi ai patti della lega
antimperiale stipulata tra le città di Toscana, la Societas
Tuscie(1). Il documento che riporta ordinatamente i 519 nomi
dei giurati è un testo mutilo, che presuppone lesistenza di altre liste similari
oggi perdute, recanti i nomi di tutti gli altri fiorentini che non abitavano in S.
Pancrazio e che tuttavia giurarono come i loro concittadini. Sebbene parziale
lelenco del 1198 è tuttavia la più antica testimonianza che, per ora, mi sia
riuscito di trovare di un giuramento collettivo prestato da unintera cittadinanza ed
espresso individualmente, a maggiore garanzia e a ratificazione di un accordo
intercittadino. Per gli anni successivi si sono conservati diversi altri elenchi similari,
custoditi in genere nei libri iurium dei
comuni dellItalia centro-settentrionale; elenchi che appartengono principalmente
alla prima metà del Duecento e che comunque non oltrepassano mai la fine del secolo. Tra
i 5.566 Alessandrini che nel 1206 giurarono il rispetto degli impegni presi con il
pontefice e le liste di 5 guaite veronesi del 1279, si trovano infatti gli elenchi di
Bologna, Chiusi, Milano, Padova, Pisa, Pistoia, Poggibonsi, San Gimignano, Verona,
Vicenza, Volterra, per quanto risulta da un primo e ancora incompleto censimento di queste
fonti(2).
Lesame specifico di una di queste
liste, il giuramento di 4300 Pisani allalleanza con Siena, Pistoia e Poggibonsi del
1228, condotto al fine di studiare la popolazione pisana nel XIII secolo(3),
è stato allorigine del presente lavoro, avendo infatti sollecitato la mia
curiosità su un genere di documenti i giuramenti collettivi finora
piuttosto trascurati dalla storiografia. Lapprofondimento sul singolo caso ha
infatti portato alla luce importanti questioni sul significato e validità delle
testimonianze conservate ed ha quindi reso necessari i confronti con il diplomatico di
altri comuni dellItalia medievale e lanalisi dei numerosissimi documenti di
pace e alleanza che contraddistinsero la storia delle città tra XII e XIII secolo. La
ricerca non è ancora compiuta, ma mi è sembrato ugualmente utile inserire in questo
volume, dedicato dal GISEM alle tradizioni normative
cittadine, un primo contributo relativo alle norme
che dovevano regolare la ratificazione degli accordi tra le città nel rapporto con la
pratica diplomatica reale, vissuta, sperimentata. In particolare ho cercato di rispondere
alle seguenti questioni: i confini cronologici così ben determinati, che limitano
luso dei giuramenti collettivi al XIII secolo, sono dovuti alla casuale selezione
del tempo sulle testimonianze del passato o sono invece strettamente collegati
allevoluzione degli organismi comunali? In parole povere, sono le liste dei giurati
un prodotto tipico dellistituto comunale nella sua età matura? Come si caratterizza
il patto giurato intercittadino nei periodi precedenti e seguenti il Duecento? Per quale
ragione si richiede come garanzia un giuramento collettivo: per aderenza a una normativa
diplomatistica affermata o per una scelta politica consapevole? Siamo di fronte a
soluzioni contingenti e determinate da particolari esigenze istituzionali o a
unapplicazione passiva di una regola giuridica diffusa? Quale è infine il rapporto
tra questi giuramenti collettivi di patti almeno formalmente paritetici, con i giuramenti
di fedeltà, espressi anchessi per singula
da intere comunità ma conservatisi in numero decisamente maggioritario rispetto ai primi
e perduranti ben oltre le soglie del XIII secolo?
Prima di rispondere, o almeno cercare di
farlo, è opportuno fare qualche precisazione terminologica che sembrerà ovvia ai più,
ma che può servire a evitare fraintendimenti, dovuti soprattutto allimperfezione
del mio linguaggio giuridico. Si intende come giuramento collettivo limpegno giurato
di unintera comunità. Questo però può essere espresso sostanzialmente in due
modi: o in forma collettiva, dallarengo o da un precone che promette a
nome della popolazione, oppure individualmente, singolarmente, come dicono le stesse fonti
per singula. Loggetto di questa
relazione è proprio il rapporto esistente tra questi due generi di espressione del
giuramento, loggetto giurato e levoluzione dellistituto comunale.
Il giuramento dei primi
patti intercittadini
Base di ogni autorità e potestà
normativa, fondamento principe dellistituto comunale, strumento imprescindibile per
la regolamentazione dei rapporti tra persone, cardine fondamentale tanto della vita
politica quanto di quella quotidiana(4) listituto antichissimo del
giuramento ha nel Medioevo un ruolo determinante anche nella stipulazione di trattati
intercittadini(5). Al giuramento si ricorse fin dallinizio per
regolamentare i rapporti tra i neonati organismi comunali, per sancire patti di
collaborazione commerciale o alleanza militare tra città legate da interessi economici e
strategie politiche convergenti. Malvisti dallautorità imperiale perché di fatto
fortemente lesivi del suo potere(6), questi accordi contenevano in genere
la clausola salva fidelitate imperatoris,
che tutelava le città dal punto di vista strettamente formale, facendo rientrare il
libero accordo giurato tra le parti allinterno del più grande obbligo di fedeltà
verso limpero(7).
Nonostante la diversità contenutistica dei
patti e le numerose differenze formali che vi si possono riscontrare, i primi accordi
intercittadini che si sono conservati presentano alcune caratteristiche comuni che li
contraddistinguono molto chiaramente. Innanzitutto il contenuto specifico
dellaccordo è sempre preceduto dalla promessa dellaiuto reciproco,
letteralmente di salvare et adiuvare gli
uomini della città alleata. Si tratta di un impegno che rende immediatamente palese a
quale istituto giuridico si ispirassero i primi consoli e gli esperti di diritto che li
affiancavano nel redigere il testo degli accordi: al giuramento di fedeltà di stampo
feudale(8).
In secondo luogo, ed è laspetto che
più ci interessa, sono formulati direttamente come giuramenti collettivi. Nos totus populus Pisanus et Kinthicanus et Forisportensis et de
Burgis eorum promictimus et iuramus vobis omnibus recita linizio del
trattato tra Pisa e Amalfi del 1126(9); Nos Ravennates homines capitanei et valvassores et populus
promittimus si legge nel patto tra Ravenna e Forlì del 1138(10);
Iuraverunt homines de civitate Placentie hominibus de
Papie è detto in quello tra Pavia e Piacenza del 1141(11), e
così via. Di fatto il giuramento veniva pronunciato dai consoli, ma esigeva quasi sempre
la ratifica dellintera popolazione, in accordo con la formulazione collettiva
evidenziata nellincipit dei trattati.
Un documento che ben chiarifica
limportanza che doveva rivestire questa ratifica popolare e le modalità con cui si
realizzava è il già citato accordo tra Pisa e Amalfi del 1126(12). Il
patto è interessante per due ragioni: in primo luogo perché, come abbiamo già sentito,
attribuisce il diritto a esprimere il giuramento anche a coloro che risedevano negli
insediamenti sorti fuori delle mura altomedievali e sulla opposta sponda dellArno,
ossia gli abitanti di Fuoriporta e di Chinzica(13). In secondo luogo
perché assegna proprio allassemblea generale dei cittadini, a cui partecipano
appunto anche gli abitanti dei borghi, il diritto/dovere di dare piena garanzia
allaccordo: iuratum in comuni colloquio, toto
populo pisano acclamante, per Timinum Timini regis Africe filium, publicum preconem Pisane
civitatis, splendidissime ad vocem totius populi.
Il patto tra Pisa e Amalfi sembra quindi
sancire una piena identità tra i soggetti che partecipavano al colloquium civitatis e coloro che facevano da supremo
garante degli accordi diplomatici. Negli accordi successivi il legame tra giuramento dei cives ai patti intercittadini e lo juramentum sequimenti dovuto al console o al
podestà(14) viene spesso espressamente indicato. Nella tregua
ventinovennale stipulata tra Pisa e Genova del 1149, ad esempio, si stabilì che
laccordo fosse rinnovato periodicamente tramite il giuramento di ogni cittadino
pisano, ogni qual volta costui fosse tenuto a prestare il sacramentum di fedeltà ai consoli: quando populus pisanus iuraverit obedire consulibus de comuni et
publico negotio nostre civitatis faciemus predicta sacramenta unicuique iterum iurare(15). Unindicazione analoga si trova nel trattato
con Firenze del 1171, in cui si stabilisce che il testo della securitas appena stipulata venga inserito in breve populi e in quella forma giurato(16). Ancora la
concordia tra Lodi e Milano del 1198 doveva essere giurata da tutti i maschi adulti di
entrambe le città, qui consueverant facere sacramenta
civitatum(17).
Il giuramento espresso da un singolo
individuo che si impegna a nome dellintera popolazione, ossia super animam populi(18) e il
rinnovo periodico del patto in concomitanza col iuramentum
sequimenti è in assoluto la forma più diffusa e duratura di ratifica dei
patti cittadini: la si incontra ad esempio nei patti commerciali tra Genova e Lucca del
1159(19), negli accordi tra Bologna e Modena del 1177(20),
tra Ferrara e Mantova nel 1198, ed è utilizzato ancora nella concordia tra Venezia e
Ferrara del 1230(21).
I giurati campione
Il complicarsi dei rapporti tra le città
dellItalia centro-settentrionale rese tuttavia ben presto insufficiente questo
genere di ratifica, inadeguata a garantire patti che abbandonarono ben presto la semplice
promessa di non belligeranza per arricchirsi di contenuti positivi, concreti, specifici.
Nel sorprendente fiorire degli accordi, i criteri a cui di volta in volta si ricorse nello
sforzo di garantire durata e validità agli impegni assunti variarono a seconda della
gerarchia interna alle parti contraenti, della valenza militare o commerciale dei patti,
del grado di evoluzione raggiunto dalle magistrature che li sottoscrivevano, della
situazione contingente che portava alla loro stipulazione.
Sempre più spesso le città richiesero il
reciproco giuramento di un campione più o meno ampio della popolazione in aggiunta a
quello collettivo formulato dal banditore. Si trattò di uno stratagemma spesso vano
è ovvio ma importante perché portò alla redazione di vere e proprie liste
nominative di giurati, il che comportò a sua volta una maggiore definizione delle norme
procedurali, data la necessità di risolvere alcuni problemi logistici di non poco conto:
1) la scelta dei
giurati;
2) la raccolta materiale
dei giuramenti (questa portava sempre alla redazione di liste, che si sono sovente
conservate in allegato ai patti di pace veri e propri, a riprova dellimportanza che
essi rivestivano per la garanzia di pace);
3) le modalità di
stesura della lista, che costituiva in tutto e per tutto un atto pubblico, redatto in
presenza di testimoni da un notaio incaricato di norma dai consoli della
città.
Vediamo in quale maniera si procedeva di
volta in volta alla soluzione delle suddette questioni.Il campione appare spesso
costituito dai cittadini più importanti, quelli degni della fiducia e della stima
dellintera città. I duecento bergamaschi che sottoscrivono nel 1167 la lega con
Brescia, Cremona e Mantova sono de melioribus hominibus
mee civitatis e questa indicazione de
melioribus, de nobilioribus è utilizzata di frequente nelle clausole
degli accordi(22). Talvolta lelevata qualifica sociale dei giurati
la si può ricavare solo da uno studio accurato dei nominativi elencati: è il caso ad
esempio lista dei Pisani che sancì la pace con Marsiglia del 1209 e che fu selezionata da
tre rappresentanti del vescovo marsigliese(23). I capitoli della
concordia tra le due città marinare, di carattere militare e commerciale a un tempo,
prevedevano il giuramento di 300 pisani, scelti tra quelli che magis convenientes videbuntur ovvero da coloro che
fossero apparsi maggiormente idonei al tenore dellatto. La lettura dei nomi dei 308
giurati fa pensare che il trattato avesse unimportanza prevalentemente commerciale,
dato che al principio della lunga lista si trovano due personaggi già consoli del mare
nel 1212 e allinterno sono presenti due consoli dei mercanti. Lelenco è poi
diviso in tre sezioni, una delle quali ospita unalta percentuale (37%) di personaggi
dichiaratamente attivi nel campo dellartigianato e del commercio, che sono a loro
volta parzialmente raggruppati secondo le rispettive professioni. Altri componenti portano
inoltre cognomi che consentono di collegarli allOrdine dei Mercanti(24).
Sembra quindi altamente probabile che i rappresentanti del vescovo di Marsiglia, nello
scegliere le persone che meglio avrebbero potuto prestar fede al giuramento richiesto,
abbiano indirizzato la loro attenzione allinterno delle associazioni mercantili già
sorte o in via di formazione, che erano direttamente interessate alla buona riuscita
dellaccordo.
Il numero dei giurati campione è spesso
costituito da una cifra tonda cento, duecento, mille , che però solo
raramente risulta derivare da una vera e propria campionatura proporzionale della
popolazione(25). Oltre alla quantità varia anche la qualità del
campione, dipendendo la sua composizione interna da criteri non codificati, adottati caso
per caso e talvolta espressamente dettati dalla città alleata. Qualche esempio: nel 1201
a Perugia giurano 100 cittadini appartenenti al Consiglio(26), mentre
contemporaneamente a Firenze si impegnano in 200, accuratamente selezionati dal podestà
di Siena(27); nel 1184 a Udine i giurati sono 300, di cui un terzo milites e i rimanenti due terzi pedites(28); sempre 300 sono i
giurati modenesi che ratificano in un primo tempo laccordo con Mantova del 1201 e
che devono essere garantiti entro un mese dai giuramenti dellintera cittadinanza
maschile(29); sono infine mille gli homines
che giurano a Bergamo nel 1156 e a Orvieto nel 1202, 1221 e 1226(30).
Quando la documentazione in proposito è particolarmente ricca, come nel caso dei trattati
tra Pisa e Genova o anche di quelli tra Genova e Tortona, si assiste a un vero crescendo
nelle clausole relative ai giurati, volte a dare consistenza e concretezza maggiori
allimpegno giurato delle rispettive cittadinanze.
Nel 1149 Pisa e Genova richiedono il sacramentum di mille uomini di entrambe le città,
raccolto dai rispettivi ambasciatori, e unulteriore promessa di fedeltà
allimpegno, giurata da un singolo in anima populi(31). Le medesime condizioni compaiono, grosso
modo, nel seguente accordo del 1175 con lulteriore richiesta di rinnovare
la promessa ogni quattro anni da parte di duecento uomini, precedentemente sottrattisi
allimpegno(32). Nella formulazione finale della pace, definita da
due legati della sede apostolica le condizioni del rinnovo si inaspriscono ulteriormente:
gli uomini tenuti a giurare passano da duecento a trecento e viene ben specificato che
dovevano essere scelti dai rappresentanti della città alleata. Come se ciò
non bastasse, a maggiore garanzia i legati si sentono tenuti a ribadire per
lennesima volta che consules seu rectores qui
protempore fuerint predicta innovationis iuramenta exigant, recipiant et faciant sine dolo
et fraude prestari(33). I successivi accordi del 1208
riprendono quelli del 1175 con una interessante integrazione per quanto riguarda la
questione dei giuramenti. Gli arbitri stabiliscono infatti che Pisani e Genovesi diano
loro oltre a quelli stabiliti in precedenza duecento giurati ciascuno: cento
erano tenuti a versare, annualmente, una determinata cauzione, che poteva essere
restituita o confiscata a seconda del volgere degli eventi(34); gli
altri cento, nel caso di rottura dei patti, si sarebbero offerti come ostaggi fino a che
le ostilità non fossero state sanate(35).
Da quanto detto finora risulta
evidente che, allatto di redigere e ratificare accordi diplomatici il Comune non si
rifaceva a una normativa giuridica stabile e definita, ma anzi procedeva secondo regole
dettate, di volta in volta, dallopportunità politica, dallinteresse
economico, dalla convenienza. Al di là della tradizione consolidata, e quasi sempre
dichiarata, di inserire gli accordi nel breve dei consoli e del popolo, si assiste tra la
metà del XII e la metà del secolo seguente, a una serie di vere e proprie
sperimentazioni, che fanno variare i modi e i tempi della definitiva ratifica. In tutte è
evidente lesigenza di cercare un consenso alla pace allargato e concreto, di
assicurare ladesione al patto da parte di una porzione ragguardevole, per numero e
qualità, della popolazione.
Negli esempi riportati, e in molti altri
che sarebbe lungo elencare, il giuramento, prestato corporaliter
mediante la recitazione della formula con una mano sulle sacre scritture, implicava un
impegno personale sacralizzato e perpetuo(36). E proprio a questo
che miravano i rappresentanti delle città alleate. Lo scambio della lista dei giurati e
laumento progressivo del numero di questi era funzionale non tanto credo
alla riconoscibilità del giurato in vista di una sua eventuale punibilità o
solvibilità finanziaria, ma alla garanzia che dava un sacramentum
pronunciato, realmente e consapevolmente, da un certo numero di persone di
buona reputazione. Non si spiegherebbero altrimenti alcune precisazioni come quella
contenuta nel trattato tra Genova e Lucca del 1166, dove si richiede un primo giuramento,
in tempi diversi, di 1200 uomini tra più adatti ad osservare la pace. Se qualcuno però
si rifiutava di prestarlo i consoli erano tenuti a cercare un sostituto idoneum pro his observandis(37) e
la medesima clausola si legge nel patto tra Siena e Firenze del 1201(38).
Non importava quindi che ogni cittadino fosse potenzialmente giurato, ma che la persona
che si impegnava fosse la più idonea a farlo e a mantenere ciò che prometteva.
I giuramenti
dellintera cittadinanza
I termini della questione cambiano
radicalmente quando a giurare è lintera cittadinanza e quando le liste
reciprocamente scambiate dalle città sono, almeno ufficialmente, comprensive della
totalità dei maschi cittadini adulti. In questo caso il giuramento è prestato, almeno
sulla carta, da tutti gli uomini atti a portare le armi, ossia da coloro che abbiano
superato i 15/20 anni e non abbiano ancora compiuto i 60/70: omnes homines nostre civitatis a .XV. annis supra et a .LX.
infra suprascriptum sacramentum iurare faciemus bona fide et sine fraude(39). La prima volta in cui compare questa notazione risale al 1141 ed è
relativa a un trattato di alleanza tra Piacenza e Pavia in cui i consoli si impegnano a
far giurare tutti i piacentini laici dai 15 ai 70 anni(40); così si
legge anche negli accordi tra Piacenza e Milano del 1156 dove però il giuramento dei cives è subordinato a unesplicita richiesta in
tal senso dei consules: si petitum fuerit(41). A partire da
queste prime attestazioni si conservano numerosissimi altri patti intercittadini che
presentano la medesima clausola, con piccole variazioni solo sui limiti della maggiore
età e della vecchiaia(42). Erano normalmente prive del diritto/dovere
al giuramento tutte le persone che possedevano uno status
giuridico particolare come gli stranieri, gli ecclesiastici e gli studenti. Erano inoltre
esentate le persone prive di una completa autonomia, fosse questa di tipo giuridico, come
i servi, o fisico, come gli invalidi gravi(43).
Il giuramento della comunità avrebbe
dovuto essere espresso, come per i giurati campione personalmente(44), davanti a un notaio o ad altro funzionario incaricato(45).
Alla carte della pace così formulate
avrebbero dovuto quindi essere materialmente allegate apposite liste contenenti i
nominativi dei giurati, liste che generalmente ogni Comune era tenuto a consegnare alla
città amica, a maggiore garanzia di quanto stabilito. Se però sono frequenti gli elenchi
dei giurati-campione allegati in calce agli accordi, molto più rare sono invece le liste
degli uomini atti alle armi dellintera cittadinanza maschile. Valga per tutti
lesempio dei numerosissimi accordi che portarono alla costituzione e al mantenimento
della Lega Lombarda, che, sebbene prevedessero il giuramento degli uomini adulti, in
nessun caso recano in allegato un elenco di cives
di alcuna delle città partecipanti(46).
Le ragioni di questassenza non vanno
solo attribuite alla naturale e inevitabile dispersione del patrimonio documentario.
E infatti assai probabile che non sempre la stipulazione di un accordo portasse alla
effettiva redazione di elenchi di giurati, soprattutto a causa delle difficoltà pratiche
e logistiche che un impegno del genere doveva comportare per gli amministratori del
Comune. In alcuni casi la genericità delle formule utilizzate fa supporre il ricorso a un
giuramento collettivo di tipo assembleare, pronunciato genericamente in concione.
E proprio questo il caso dei
giuramenti della Lega Lombarda tra i quali si può citare lo iusiurandum Pergamensium del 1167 in cui si dichiara
che il giuramento della cittadinanza verrà fatto in
palisi arengo(47) o, ancor meglio dal medesimo impegno dei
Milanesi confermato in publica contione populo laudante et confirmante ac sepissime clamante: sia, sia,
sia, sia, sia, sia, sia, sia, sia(48). Il notaio che redige
latto ci tiene a precisare di essere stato presente al giuramento dei patti fatto ut supra legitur, ovvero per acclamazione della
folla. Considerando le diverse modalità di ratifica popolare fin qui esaminate, siamo
spinti a pensare che in questo caso la scelta della convalida per acclamazione sia stata
determinata da una precisa scelta politica: la condizione vincolante del giuramento per
gli uomini atti a portare le armi è divenuta loccasione per una imponente
manifestazione di consenso. Tanto più che nei medesimi patti di pace il capitolo
riguardante il corrispettivo giuramento dei Lodigiani suona con una tonalità del tutto
differente. Recita infatti: et suprascriptum murum
incipiam facere infra quindecim dies exinde postquam maior pars sacramentorum Laude facta
fuerit(49); la ricostruzione delle mura di Lodi viene quindi
condizionata allavvenuto giuramento della maggior parte dei Lodigiani, il che
presuppone una raccolta, o quanto meno una conta materiale dei giurati stessi.
Vi sono poi diversi casi in cui si intuisce
che la lista sia stata in effetti redatta, e sia andata in seguito perduta. Così sempre a
Lodi nel 1202 dove si dà il termine perentorio di un mese per il giuramento degli uomini
dai 18 ai 70 anni(50), o come nei patti tra Modena, Parma e Reggio del
1188 dove, oltre al termine temporale, si specifica che il giuramento dovrà avvenire
ordinatamente, ognuno nella propria porta di residenza(51). In genere
tuttavia si ha come limpressione che limpegno a far giurare la cittadinanza si
concretizzi spesso o in una convalida dellassemblea dei cives o nel giuramento prestato al solo
rappresentante di quartiere, di porta o di vicinia senza che latto sia sempre
debitamente registrato(52). Essendoci inoltre piena identità tra chi
aveva il diritto-dovere di prestare fedeltà al Comune e di giurare gli accordi di pace,
doveva essere frequente il caso in cui le due azioni coincidevano anche temporalmente,
ossia in cui si approfittava del periodico e tradizionale sacramentum sequimenti per raccogliere anche altri
impegni giurati. Il forte legame tra questi due avvenimenti ci viene testimoniato sia dai
stessi contenuti dei patti che dalle liste di cittadini che si sono conservate, in cui
sovente la raccolta dei sacramenta è
organizzata su base topografica per porte, quartieri, centenari, guaite, cappelle o
vicinie e affidata a degli medesimi funzionari che avevano il compito di
raccogliere il giuramento di fedeltà al Comune (capitanei
cappellarum, consules viciniarum, iurati guaite)(53).
Tiriamo un poco le somme. Laccordo
tra due potenze locali lo si è visto doveva essere sempre garantito da un
giuramento che però, a seconda dei tempi e delle circostanze, era richiesto a persone
differenti e con modalità variabili: il giurante poteva essere un singolo personaggio che
si impegnava super animam populi, altre
volte un campione della popolazione, in altra occasione lintera cittadinanza. Queste
diverse tipologie possono apparire, a una prima lettura, altrettante tappe di un processo
di trasformazione della stessa organizzazione interna comunale nel senso di una crescente
democraticizzazione delle sue strutture politico-amministrative.
Lanalisi è, in via generale, accettabile, tuttavia la realtà appare indubbiamente
più complessa e problematica. Lungi dal comparire nellordine ora detto, i diversi
sistemi di giuramento vennero spesso utilizzati dal singolo Comune senza un ordine
cronologico preciso, ma a seconda del momento e della situazione. I modi, i tempi e le
condizioni in cui il giuramento di fedeltà al Comune venne di volta in volta richiesto
alla collettività dei cives
dellItalia centro-settentrionale rappresentano credo una testimonianza
precisa di quellintensa sperimentazione istituzionale che il Comune attuò almeno
fino alla pace di Costanza, e in seguito del suo sforzo costante di razionalizzare i
rapporti, nel continuo adattare strumenti giuridici ereditati dalla tradizione a una
realtà contingente in continuo mutamento(54). Ma cè di più. Per
quanto si generalizzi nel XIII secolo luso di richiedere il giuramento di tutti i
maschi adulti, questo porta effettivamente alla redazione di liste solo in casi
particolari e rari, in proporzione alla quantità degli accordi stipulati.
Questo deve porre in allerta lo studioso
che intenda avvicinarsi a queste fonti: se sono state redatte, sono state conservate e
ordinatamente trascritte nei libri iurium
della città che le ha richieste(55), è facile che alla loro origine ci
sia una scelta politica precisa, di carattere interno o esterno, tutta da indagare e da
approfondire. Per i 4300 Pisani del 1228 vi è stato probabilmente un concorso di ragioni
a determinare la scelta davvero inusitata per la tradizione diplomatica pisana
di ricorrere al giuramento dellintera cittadinanza: da una lato la precisa
fisionomia di lega pluricittadina assunta dai patti, dallaltro lintento di
Ubaldo Visconti di rafforzare la sua posizione e il potere della sua famiglia(56). Abbandonando il caso pisano, sono tutte da investigare le ragioni che
portarono nel 1254 alla sistematica raccolta dei giuramenti dei Padovani, Veronesi e
Vicentini alla lega con Uberto Pallavicino. Questi giuramenti, che saranno prossimamente
pubblicati e commentati da Gianmaria Varanini(57), pongono sul tavolo
questioni di non poco conto dato che a quella data le tre città sono sotto la signoria di
Ezzelino da Romano. Si trattò dunque di una Signoria che non riuscì a svincolarsi, anche
formalmente, dal principio della necessità del legittimazione popolare, o la scelta di
raccogliere i giuramenti fu ragionata, consapevole e finalizzata a rafforzare il potere
personale Ezzelino, con la trasformazione di un normale atto di ratifica in una sorta di
giuramento di fedeltà al suo operato? E bene infatti precisare che nel pronunciare
il sacramentum richiesto i cittadini non
esercitavano tanto un diritto quanto piuttosto ottemperavano a un preciso dovere. Il
giuramento era infatti per loro soprattutto un obbligo direttamente derivante dal fatto di
appartenere d i d i r i t t o alla comunità
dei cives: sottrarsi allimpegno
significava estromettersi dal consorzio civile, perdere ogni privilegio legato alla
cittadinanza e diventarne automaticamente nemico. Et quicumque hanc pacem, secundum quod dictum est, iurare
noluerit, ipsum bandizabunt et pro publico inimico communis Ravenne tenebunt deinde donec
hanc pacem iuraverit; così nella pace tra Ferrara e Ravenna del 1200(58).
Giuramenti di fedeltà
Questa circostanza mi consente di legarmi
allultimo punto che intendo esaminare, ossia il rapporto tra il giuramento
collettivo per gli accordi paritetici di pace e alleanza e il più noto e diffusi
giuramento di fedeltà.
Uno dei mezzi più utilizzati, specialmente
in area toscana, per cercare di estendere la giurisdizione cittadina sul contado fu
proprio il giuramento di fedeltà prestato ai rettori e alla chiesa cittadina da intere
comunità rurali, da gruppi familiari e da piccoli e grandi feudatari(59).
Giuramenti di questo tipo compaiono numerosi nei libri
iurium dei grandi Comuni italiani e formalmente ricalcano un tipo di rapporto
istituzionale già noto e diffuso nel contado: la fidelitas
dovuta dal vassallo al signore(60). Si tratta di un
giuramento che fu utilizzato con particolare vigore e per fini politici chiarissimi da
Federico Barbarossa, che nella Constitutio pacis
la famosa Hac edictali definì
con precisione chi aveva il dovere di prestargli giuramento di fedeltà al fine di
preservare la pace(61). In quanto impegno di carattere personale il
giuramento di sottomissione doveva essere pronunciato singolarmente, anche nel caso che la
fedeltà fosse prestata da interi villaggi o piccole città, fossero queste sottoposte o
meno a giurisdizioni di tipo signorile(62).
In genere si usa distinguere questo tipo di
giuramento, di sottomissione e fedeltà, di tipo verticale-gerarchico, da quelli
orizzontali-paritetici dellalleanza(63). Se però si sposta
lattenzione dal piano della forma a quello dei contenuti, la distanza tra un
giuramento di fedeltà e uno di alleanza tende talvolta a colmarsi fino scomparire,
specialmente nei trattati stipulati tra città di diverso peso politico, come ad esempio
quelli, già notati da Gina Fasoli, intercorsi nel 1141 tra Venezia e Fano, dove la
formula dellalleanza maschera di fatto una sottomissione(64).
A questo proposito mi sembra interessante
presentare un caso limite: quello delle città di Vercelli e Ivrea. Allinizio del
Duecento i cittadini di Ivrea giurano fedeltà a quelli di Vercelli, in cambio ricevono un
giuramento di aiuto e di difesa contra omnes
da parte del podestà, del consiglio e di alcuni nobiluomini di Vercelli(65).
I rapporti tra le due città non vanno però nel migliore dei modi dato che il giuramento
di fedeltà viene ripetutamente rinnovato, ma sempre con laggiunta di qualche
distinguo e di reciproche garanzie(66). Nel 1231 quando si arriva poi a
stipulare una vera e propria concordia tra
le due città gli eporediesi devono giurare la fedeltà secondo il modo antico (ossia
singolarmente, casa per casa), ma la medesima cosa devono fare anche i cittadini di
Vercelli, dai 25 ai 70 anni(67). I primi giurano la fedeltà, i secondi
i patti, ma la differenza formale tra i due giuramenti è veramente minima, quasi
inesistente
Un altro esempio ambiguo, ma di senso
opposto, viene dai patti intercorsi tra Siena e Chiusi nella prima metà del Duecento. Il
testo degli accordi si prefigura infatti come una vera e propria alleanza, puram et meram societatem e prevede il giuramento
reciproco dellintera popolazione maschile(68). Una frase,
tuttavia, insospettisce sul vero significato di questi patti: lobbligo dei chiusini
a dare a Siena un cero ogni anno, simbolo evidente di un rapporto non perfettamente
paritario(69). Cammarosano nel suo saggio introduttivo al Caleffo
Vecchio nota come la sovranità di Siena sul territorio e la sua politica di espansione
utilizzò forme differenziate in funzione delle diverse fisionomie dei poteri locali, da
qui la stipulazione di patti di sottomissione, amicitia
e societas. In tutti questi casi però
la forma particolarmente vincolante e assicurata dal giuramento individuale fu
ricercata con determinazione e costanza(70).
Ora nella maggior parte dei casi il
giuramento collettivo di fedeltà si distinguere facilmente da quello che ratifica un
patto di alleanza. La distinzione viene poi accentuandosi con il tempo dato che il primo
si mantiene praticamente inalterato nella forma e nei contenuti per molto tempo(71), mentre il secondo cade progressivamente in disuso e il suo ruolo di
supremo garante dellaccordo viene generalmente assunto dalle rappresentanze
politiche ufficiali. Mi preme però sottolineare che a seconda delle circostanze la
raccolta sistematica di giuramenti a ratifica di un patto può certo andare nella
direzione di una democraticizzazione del potere, essere cioè il prodotto di una richiesta
proveniente dal basso; può tuttavia essere funzionale anche al raggiungimento di un
maggiore controllo dei referenti istituzionali sulla comunità alleata e sugli stessi
concittadini. Paolo Prodi ha giustamente sottolineato come, nel Medioevo, al di là delle
distinzioni suaccennate, limportanza del giuramento risieda soprattutto nella
capacità di conferire un certo grado di diritto ai soggetti che lo pronunciano(72). E verissimo, ma può valere anche il discorso opposto: la
redazione di una lista di giurati sia relativa a un rapporto di sottomissione che a un
patto dalleanza dava allautorità che la richiedeva un controllo più diretto
e stringente sugli uomini che comunque erano tenuti a giurare.
Note
*
Data la distanza di tempo intercorsa tra la comunicazione in sede di convegno e la stampa
dellarticolo, la bibliografia in nota può risultare non aggiornata.
(1) P. Santini, Nuovi documenti dellantica costituzione del comune di
Firenze, in Archivio Storico Italiano, s.V, XIX (1897), pp.
288-296; per il commento si veda R. Davidsohn, Geschichte
von Florenz, voll. 4, Berlin, 1896-1927, trad. it. Storia di Firenze, voll. 8, Firenze, Sansoni,
1956-61, IV, pp. 912-931.
(2) Si vedano per Alessandria
Cartario alessandrino fino al 1300, a cura
di F. Gasparolo, 3 voll., Alessandria, 1928-1930, n. CCLXXX; per Bologna e Pistoia Liber Censuum Comunis Pistorii, a cura di Q.
Santoli, Pistoia, 1915, pp. 61-78 e 509-527; per Chiusi Il
Caleffo vecchio del Comune di Siena, I, a cura di G. Cecchini, Siena, 1931, n.
335, pp. 511-513; per Milano A. Ratti, A Milano nel
1266. Da inedito documento originale dellArchivio Segreto Vaticano ossia Giuramento
di obbedienza dei milanesi alla Santa Sede con Duemila e più nomi di cittadini,
in Memorie del Regio Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Classe di Scienze
storiche e morali, XXI (1902), pp. 205-235; per Padova G.B. Verci, Storia della marca trevigiana e veronese, I, Venezia,
1787, rist. Bologna, Forni, 1979, XLIV, pp. 53-55; per Pisa Il Caleffo vecchio, cit., pp. 364-388, ora anche in
E. Salvatori, La popolazione pisana nel Duecento. Il
patto di alleanza di Pisa con Siena, Pistoia e Poggibonsi del 1228, Pisa, GISEM
ETS, 1994; per Poggibonsi Il Caleffo vecchio,
cit., nn. 168, 170, 234-235; per San Gimignano E. Fiumi, Storia sociale e politica di San Gimignano, Firenze,
Olschki, 1961, p. 153; i cosidetti giuramenti ezzeliniani, coinvolgenti
Padova, Verona e Vicenza, sono regestati in Codex
diplomaticus Cremone (715-1334), 2 voll., a cura di L. Astegiano, Torino,
1895-1898 (Historiae Patriae Monumenta, s. II, 21-22), I, nn. 637-40, 645-50, pp. 290-92,
mentre il commento è stato fatto da G.M. Varanini, La
popolazione di Verona, Vicenza e Padova nel Duecento e Trecento: fonti e problemi,
in Demografia e società nellItalia medievale
(secoli IX-XIV), a cura di R. Comba e I. Naso, Cuneo, Società per gli Studi
Storici della Provincia di Cuneo, 1994, pp. 165-194.
(3) Salvatori, La popolazione pisana, cit.
(4) P. Prodi, Il sacramento del potere. Il giuramento politico nella storia
costituzionale dellOccidente, Bologna, Il Mulino, 1992.
(5) Sul giuramento nel Medioevo si vedano L.
Kolmer, Promissorische Eide in Mitteralter,
Regensburg, 1989 e M. David, Le serment du sacre du
IXe au XVe siècle. Contribution à létude des limites juridiques de la
souveranité, Strasbourg, Palais de lUniversité, 1951.
(6) Solo lImpero è il legittimo
dispensatore della pace allinterno dei propri confini; vedasi a questo proposito la
costituzione Hac edictali di Federico I
(Monumenta Germaniae Historica (= MGH), Leges, sectio
IV, Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, I, ed. L. Weiland, Hannoverae, 1893, n. 176, pp.
245-247). Si veda anche la nota 61.
(7) Clausola frequente nei trattati
intercittadini; si veda G. Fasoli, La Lega Lombarda.
Antecedenti, formazione, struttura, in Voträge und Forschungen,
XII (1967), pp. 143-160, ora in Scritti di storia
medievale, Bologna, Il Mulino, 1974, pp. 258-259.
(8) C. Storti Storchi, Diritto e istituzioni a Bergamo dal Comune alla Signoria,
Milano, Giuffré, 1984 (Università degli Studi di Milano, Facoltà di Giurisprudenza.
Pubblicazioni dellIstituto di Storia del diritto italiano, 10); U. Prutscher, Der Eid in Verfassung und Politik italienischer Städte.
Untersuchungen im Hinblink auf die Herrshaftsformen Kaiser Friederich Barbarossas in
Reichsitalien, Giessen Univ., 1980; per le caratteristiche del giuramento
feudale si veda P. Brancoli Busdraghi, La formazione
storica del feudo lombardo come diritto reale, Milano, Giuffré, 1969.
(9) F. Bonaini, Due carte pisano
amalfitane dei secoli XII e XIV, in Archivio Storico Italiano, s.
III, 8/1 (1968), p. 5.
(10) Monumenti
Ravennati, a cura di M. Fantuzzi, 6 voll., Venezia, 1801-1804, IV, n. 59, pp.
259-260; riedizione e commento in A. Vasina, Ravenna e
Forlì nel secolo XII. Una fase nella storia delle leghe intercomunali, in
Atti e memorie della deputazione di storia patria per le provincie di Romagna,
n.s., X (1958-59), pp. 93-110.
(11) A. Solmi, Le leggi più antiche del Comune di Piacenza, in
Archivio Storico Italiano, 73/II (1915), pp. 58-60.
(12) I Pisani giurano agli Amalfitani quod ab hac hora in antea sumus et erimus vobis amici; ita quod
[...] aliquod membrum de vestris corporibus perdatis vel battuti vel capti fiatis mala
captione ad vestrum dedecum et ad vestram dampnietatem (Bonaini, Due carte, cit.).
(13) Ivi:
Nos totus populus Pisanus et Kinthicanus et
Forisportensis et de Burgis eorum [...]. Gli abitanti dei borghi di Pisa sono
citati anche nel lodo del vescovo Daiberto (1088-1092), come aderenti alla coniuratio che dà forza e legittimità alla sentenza
arbitrale. Si veda a questo proposito G. Rossetti, Il
lodo del vescovo Daiberto sullaltezza delle torri: prima carta costituzionale della
repubblica pisana, in Pisa e la Toscana
occidentale nel Medioevo, 2. A Cinzio Violante nei suoi 70 anni, Pisa,
GISEM-ETS, 1991 (Pi.Bi.Gi., 2), pp. 25-45, in particolare p. 37.
(14) Sul Breve
giurato dal popolo pisano si veda anche quanto ha scritto il Volpe (G. Volpe, Studi sulle istituzioni comunali a Pisa, 1902, nuova
edizione con una introduzione di C. Violante, Firenze, Sansoni, 1970. pp. 132-135).
(15) Trattato di non belligeranza redatto in
due copie simmetriche, una rilasciata dai Pisani ai Genovesi e viceversa. La copia
contenente limpegno pisano è edita nel Codice
diplomatico della Repubblica di Genova, a cura di C. Imperiale, 3 voll., Roma,
Istituto Storico Italiano per il Medioevo, 1936-1047, n. 195, quella genovese è stata
pubblicata dal Dal Borgo sotto la data del 1150, secondo il computo pisano (F. Dal Borgo, Raccolta di scelti diplomi pisani. Per appendice
allistoria dellorigine della decadenza e per uso delle sue dissertazioni
sullistoria della repubblica pisana, Pisa, 1765, pp. 311-313).
(16) P. Santini, Documenti sullantica costituzione del Comune di Firenze,
Firenze, 1895, IV, p. 5.
(17) Atti
del Comune di Milano fino allanno MCCXVI, a cura di C. Manaresi, Milano,
1919, nn. CCVII-CCVIII, pp. 292-300.
(18) Su questo tipo di giuramento si veda A.
Pertile, Storia del diritto italiano dalla caduta
dellImpero romano alla codificazione, Torino, 1893-1898, II/1, pp. 51-53.
(19) Laccordo riguardava il commercio
del sale e venne giurato dai consoli e da un nunzio che si impegnò a nome
dellintera popolazione: Hec omnia observare
iuravit bona fide et sano intellectu Ionathas Crispinus Ianuensis consul de communi super
animam suam et sociorum eius consulum [...] et quod hoc idem aliquem suum publicum nuncium
iurare faciet in anima Ianuensis populus observandum [...] (Codice diplomatico della Repubblica di Genova, cit.,
nn. 296-297, pp.373-377). I precedenti patti che Genova stipulò con Pavia (ivi, nn. 56, 105, 139) vennero probabilmente giurati
dal solo console (ivi, n. 139: si consul ero palam laudabo in parlamento in anima populi);
non è invece chiaro chi dovesse recitare le formule di giuramento dei patti con Tortona (ivi, nn. 103, 138).
(20) Anche in questo caso a impegnarsi è un nuntium che giura in
concione (L.A. Muratori, Antiquitates
Italicae Medii Aevi, Mediolani, 1738-1742, IV, diss. 49ª, coll. 339-341).
Altrove questa funzione viene assolta dal banditore, dal cintraco, dal portonario e dal plazario (v. Pertile, Storia del diritto, cit., p. 53).
(21) Giura semplicemente unum hominem, privo di precise qualifiche
istituzionali (Muratori, Antiquitates, cit.,
coll. 363-366).
(22) C. Vignati, Storia diplomatica della Lega Lombarda, prefazione e
aggiornamento bibliografico di R. Manselli, Torino, Bottega dErasmo, 1966, pp.
105-107. A questo genere sembra appartenere uno dei più antichi accordi intercittadini di
cui si sia conservato il testo, quello concluso nel 1107 tra Venezia e Verona e giurato da
almeno 45 persone (C. Cipolla, Note di storia veronese,
in Archivio Veneto, n.s., XV/II (1898), pp. 296-299). Il 21 agosto del 1180
giurano laccordo tra Conegliano e Uderzo in un primo tempo otto uomini di Conegliano
appositamente eletti, e in seguito, alios bonos homines
(G.B. Verci, Storia delle Marca trevigiana e veronese,
I, Venezia, 1786, rist. an. Bologna, Forni, 1979, pp. 28-29. Il patto tra Lucca e Genova
del 1166 viene giurato da un campione di 500 uomini delle rispettive città quod meliores ad hec observanda cognoverimus (Codice diplomatico della Repubblica di Genova, cit.,
n. 14, pp. 40-47, si veda anche la nota 37).
(23) Archives de la Ville de Marseille AA-11.
(24) Salvatori, La popolazione pisana, cit., pp. 51-53.
(25) Come invece accade nel caso del trattato
tra Parma e Modena del 1182, dove in aggiunta allintero Consiglio cittadino giurano
cento uomini per porta (Muratori, Antiquitates,
cit., diss. 46ª, coll. 54-56).
(26) Il
Caleffo Vecchio, cit., n. 56, pp. 69-71, 4 marzo 1201.
(27) Ivi,
nn. 54-55, pp. 65-69, 29 marzo e 5 maggio 1201: Item
iuro quod faciam iurare ducentos homines de civitate Florentinorum, qui michi dederit per
scripturam vel dare fecerit potestas Senensis. Nel caso che qualcuno
degli uomini richiesti non potesse formulare il giuramento era possibile sostituire il
nominativo: et si contigerit quod aliquis eorum
quem peteret non posset hoc iuramentum facere, dabo ei cambium inde sine fraude.
(28) Muratori, Antiquitates, cit., diss. 49º, pp. 417-419.
(29) Ivi,
coll. 377-380: Item infra unum mensem faciam
trecentos viros, quos elegerint Mantuani, de mea civitate et episcopatu facere hoc idem
sacramentum. Et infra alium mensem [...] faciam omnes homines mee civitatis, episcopatus
et districtus facere hoc sacramentum ab etate quindecim annorum supra et a septuaginta
infra.
(30) Per i mille
homines Pergami si veda Liber Potheris
Comunis Brixie, a cura di F. Bettoni-Cazzago e L.F. Fé dOstiani, Torino,
1899 (Historiae Patriae Monumenta, 19), coll. 74 e ss. e A. Mazzi, Note suburbane, Bergamo, 1892, appendice, pp.
441-453. Orvieto giura la lega con Siena nellagosto del 1202 tramite limpegno
prestato da mille homines de maioritate Urbevetane
civitatis et popularibus, i cui nomi vengono consegnati alle autorità senesi;
nel documento si prevede il rinnovo dellaccordo dopo ventanni, fatto che
accade puntualmente nel febbraio del 1221 con la consegna di altri 1000 nomi, e ancora
dopo cinque anni con le medesime modalità (Il Caleffo
Vecchio, cit., nn. 57, 59, 174, 175, 176, 185, 186, 198, 233).
(31) Codice
diplomatico della Repubblica di Genova, cit., n. 195: et nos consules faciemus iurare .M. homines nostre
civitatis, quos nobis petierint tenere firma ea que in brevi scripta fuerint, ad quod
populus iuraverit coram legatis missis a consulibus Ianue ad unum mensem postquam ipsi ad
nos venierint [...] et faciemus iurare ad unum hominem idem sacramentum in comuni
parlamento in anima populi. Giura un solo uomo a nome della cittadinanza
anche nella pace con i Carnetani del 1174 (Muratori, Antiquitates,
cit., diss. 49°, coll. 401-402).
(32) P. Tola, Codex Diplomaticus Sardiniae, I, Torino, 1861
(Historiae Patriae Monumenta, X), n. CVI, pp. 248-249, 1176 novembre 6, stile pisano.
In nomine domini amen. Ego Pisanus iuro ad sancta
dei evangelia quod omnibus ianuensis et omnibus eorum districtus ab hac die in antea usque
ad anno XXX et unum completos veram pacem tenebo et observabo [...]. Ad hec omnia
confirmanda teneatur consulatus ille pisanus qui nunc est facere iurare mille homines de
pisana civitate quos elegerint ille vel illi qui ad recipienda sacramenta missi fuerint,
et unum hominem ad vocem supra animam populi hec omnia firma tenere. Et de quarto in
quartum annum futuri pisani consules faciant iurare ducentos cives de illis qui
specialiter hec primo non iuraverint, et in concionem ad vocem supra animam populi unum
hominem [...].
(33) Ivi,
n. CIV, pp. 245-247, 1176 gennaio 29. Il rinnovo non era più richiesto ogni quattro anni,
ma ogni sei. Questa pace fu ribadita da papa Clemente III nel 1188 (ivi, n. CXXVII, p. 263).
(34) Tola, Codex
Diplomaticus Sardiniae, cit., n. XVI, pp. 313-315. 1209 aprile 26, stile
pisano: centum constituant se nobis principales
debitores pro pecunia quam eis concorditer precepiemus annuatim nobis dare, vel cui, vel
quibus dederimus vel commiserimus.
(35) Ivi:
Alii vero centum iurabunt, ut si contigerit, quod
absit, commune civitatis unius aliquo tempore contra pacis venire tenorem [...] infra
triginta dies teneantur ire ad civitatem que recepit offensam et ibi obsidere et in ea
remanere donec offensa fuerit emendata. In questo caso credo che i sacramentales richiesti assolvessero a una funzione
diversa dai mille homines che dovevano
comunque giurare laccordo fra le due città e dai trecento che dovevano rinnovare
limpegno ogni sei anni. Questi rappresentavano un campione allargato della
popolazione, un rafforzamento numerico di quel unum
super animam populi che da tempo non era più ritenuto sufficiente ad
assicurare la sincera adesione della cittadinanza. Quelli servivano invece a dare una
garanzia materiale, concreta, quantificabile a un accordo che aveva alle spalle una
sequela interminabile di insuccessi, quasi estrema
ratio escogitata dagli arbitri per scongiurare una rottura praticamente
inevitabile.
(37) Hec autem sacramenta faciemus iurare quingentos homines de
civitate Luce, quos ianuenses consules per se vel per suum missum petierint. Et si aliquis
petitus iurare noluerit, per bonam fidem studebo qui iuret, qui si non iuraverit alium
idoneum pro his observandis bona fide dabo usque quo quingenti fuerint [...]
(Codice Diplomatico della Repubblica di Genova,
cit., II, n. 14, pp. 40-47). I nomi dei giurati si sono conservati.
(38) ...et si contigerit quod aliquis eorum quem peteret non posset hoc
iuramentum facere, dabo ei salvum cambium sine fraude (Il Caleffo Vecchio, cit., n. 54, pp. 65-67).
(39) Questa particolare formula è stata
tratta dalle concordie della Lega Lombarda (Vignati, Storia
diplomatica, cit., passim). I
limiti detà variano a seconda del luogo e del contesto: quello inferiore è, ad
esempio, di 15 anni a Bologna e Modena (Muratori, Antiquitates,
cit., diss. 49ª, coll.), di 18 a Poggibonsi (Il Caleffo Vecchio, cit., n. 168) e a
Cremona (F. Gualazzini, Studi di legislazione
statutaria cremonese, in Bollettino Storico Cremonese, (1932), pp.
65 e 155); nella medesima città la vecchiaia si raggiunge a 60 anni (ivi), mentre a Parma la soglia si varca ai 70
(Muratori, Antiquitates, cit., coll.
347-348).
(40) Solmi, Le leggi più antiche, pp. 58-60.
(41) Atti
del Comune di Milano, cit., nn. XXXV-XXXVI, pp. 55-56. Unica eccezione nel
trattato tra Modena e Parma del 1151 in cui si stabilisce che debba giurare caput per casam (Muratori, Antiquitates, cit., dicc. 46ª, coll. 53-54).
(43) Così si legge nella concordia tra
Parma, Reggio e Modena del 1188: Ego iuro quod
faciam fieri sacramentum concordie Parme, Regii et Mutine per civitatem Regii et per
burgos hinc ad exitum mensis augusti sine fraude a quindecim annis usque ad septuaginta,
nisi fuerit scholaris, vel servus, vel alicuius serviens stans cum quolibet domino, vel
conversus (Muratori, Antiquitates,
cit., diss. 49ª, coll. 353-358). Nella società tra Modena e Mantova del 1201 il podestà
di Modena si impegna a far giurare i suoi cittadini eo salvo quod scolares possint uti et stare in mea civitate,
episcopatu et districtu, undecumque sint, ita quod non tenear de dicto sacramento circa
eorum personas et res (ivi,
coll. 377-380). Dal breve del giuramento dalleanza delle città lombarde con quelle
della Marca Veronese, e con Venezia e Ferrara, sono eccettuati clericis, conversis, assideratis (storpi), mutis, cecis (Atti
del Comune di Milano, cit., n. LVI, pp. 85). Di volta in volta potevano essere
inserite particolari esenzioni per chi in precedenza si era già impegnato con un
giuramento. Così ad esempio si legge nellalleanza tra Siena e Orvieto del 1202:
exceptis certis personis qui hoc iuramentum non
possint facere, forte ideo quia iuravit se hoc iuramentum non facturum ante quam dominus
guinisius consul arripuit iter ob causam specialiter. (Il Caleffo Vecchio, cit., n. 57, pp. 71-73).
(44) Prodi, Il sacramento del potere, cit., p. 18. Così si legge
nel testo della lega stipulata tra Milano, Brescia, Cremona, Modena e Piacenza del 1283:
et ad maiorem cautelam et firmitatem omnium
predictorum [...] iuraverunt ad Sancta Dei Evangelia corporaliter tactis scrpturis
(Liber Potheris, cit., n. CLXXVI, p. 866).
(45) Le liste di nominativi sono in genere
tutte concluse con la sottoscrizione notarile, in cui il notaio dichiara di aver assistito
personalmente ai giuramenti delle persone sopra elencate. A maggior garanzia i giuramenti
potevano essere raccolti da funzionari delle città alleate, come ad esempio stabilisce
Enrico VI per sancire laccordo tra Brescia, Cremona e Bergamo del 1191 (Liber Potheris, cit., n. XXIV, coll. 84-86). Sui
tempi di diffusione della sottoscrizione notarile nella legittimazione delle convenzioni
internazionali si veda G. Costamagna, La convalidazione
delle convenzioni tra Comuni, Genova nel sec. XII, in Bullettino
dellArchivio Paleografico Italiano, n.s., X (1955), ora in Id., Studi di Paleografia e di Diplomatica, Roma, Centro
di Ricerca, 1972, pp. 225-235.
(46) Inizialmente alcuni accordi ponevano il
giuramento collettivo come opzionale. Così, ad esempio, nei patti preliminari tra
Milanesi e Piacentini del 1156: Et hoc totum
scriptum est per omnem decennium facient iurare mediolanenses homines etatis constitute
ultra decimum octavum annum et infra sexagesimum s i p e t i t u m f u e- r i t nisi remanserit iusto dei
impedimento vel per concordiam consulum utriusque civitatis (Vignati, Storia diplomatica, cit., p. 44). In seguito
limpegno collettivo divenne invece obbligatorio per ogni singolo accordo
intercittadino (ivi, passim).
(48) Atti
del Comune di Milano, cit., n. LIV, pp. 80-81.
(50) Codice
diplomatico Laudense, a cura di C. Vignati, 3 voll., Milano, 1882-1885, II, n.
217.
(51) Quisque per suam portam (Muratori, Antiquitates, cit., diss. 49ª, coll. 353-358).
(52) Salvatori, La popolazione pisana, cit., pp. 111-115; Varanini, La popolazione di Verona, cit.
(53) Così ad esempio a Bologna, Pisa,
Milano, Padova, Verona (supra nota 2). Nella
tregua tra Bergamo e Brescia del 1251 giurano insieme al consiglio cittadino anche i
consoli delle vicinie che si impegnano a far giurare i vicini: Omnes infrascriptis consules infrascriptarum vicinarum civitatis
et burgorum adiacentium civitati Pergami iuraverunt pacem cum comuni et hominibus Brixie,
secundum quod antiani et consilium generale Pergami iuravit, et etiam iura[verunt]
faciendi iurare omnes vicinos suos infra tercium diem. (Liber Potheris, cit, coll. 689).
(54) Lespressione
razionalizzazione dei rapporti è utilizzata sovente da Gabriella Rossetti per
caratterizzare la comune evoluzione dei poteri cittadini a sud e a nord delle Alpi (si
veda in ultimo G. Rossetti, Le élites mercantili
nellEuropa dei secoli XII-XVI: loro cultura e radicamento, in Spazio urbano e organizzazione economica nellEuropa
medievale, a cura di A. Grohmann, Atti della Session C23 dellEleventh
International Economic History Congress (Milano, 12-16 settembre 1994), Perugia, Edizioni
Scientifiche Italiane, 1994, pp. 39-59, in particolare pp. 44-45.
(55) Ricordo che la lista di Pisa elenca 4300
persone, quella di Verona del 1254 oltre 7000: entrambe quindi richiedono una enorme mole
di lavoro per chi era deputato alla raccolta dei giuramenti e alla redazione del
documento, oltre che alla sua trascrizione nel liber.
(56) Salvatori, La popolazione pisana, cit., pp. 56-65.
(57) Il quale ne ha fatto un primo commento
in La popolazione di Verona, cit.
(58) Monumenti
Ravennati, cit., pp. 314-317. Un discorso analogo vale, ovviamente, per i
cittadini che eventualmente si fossero rifiutati di prestare il breve populi o il juramentum
sequimenti. Si veda in proposito quanto stabilito dagli statuti di Volterra
della prima metà del XIII secolo (Statuti di Volterra,
I (1210-1224), a cura di E. Fiumi, Firenze, 1951, pp. 20, 28, 39-40).
(59) Il ricorso al giuramento di fedeltà ai
fini di dominio territoriale si ebbe anche in pieno Quattrocento, col crearsi degli stati
regionali: vedi G. Chittolini, I capitoli di dedizione
delle comunità lombarde a Francesco Sforza: motivi di contrasto fra città e contado,
in Felix olim Lombardia. Studi di storia padana in
onore di Giuseppe Martini, Milano, 1978, pp. 673-698 e Id., La formazione dello stato regionale e le istituzioni in contado.
Secoli XIV e XV, Torino, Einaudi, 1979, pp. XV-XXX.
(60) G. Tabacco, Egemonie sociali e strutture del potere nel Medioevo italiano,
Torino, Einaudi, 19792, pp. 245-246.
(61) MGH,
Leges, sectio IV, Constitutiones,
cit., n. 176, pp. 245-247. Hac edictali lege in
perpetuum valitura iubemus, ut omnes nostro subiecti imperio veram et perpetuam pacem
inter se observent, et ut inviolatum inter omnes fedus perpetuo servetur. Duces,
marchiones, comites, capitanei, vavassores et omnium locorum rectores cum omnium locorum
primatibus et plebeis a decimo octavo anno usque ad septuagesimum iureiurando
obstringantur, ut pacem teneant et rectores locorum adiuvent in pace tuenda atque
vindicanda, et in fine uniusquisque quinquennii omnium sacramenta de predicta pace tenenda
renoventur.
(62) Queste le modalità utilizzate per
sancire la sottomissione di numerosi paesi del contado a Siena nel corso del XIII secolo.
Si veda Il Caleffo Vecchio, cit., passim. Si veda anche oltre il testo relativo alla
nota 70.
(63) Kolmer, Promissorische Eide, cit.; Prodi, Il sacramento del potere, cit., pp. 75-78.
(64) Fasoli, La Lega Lombarda, cit., pp. 257-278, in particolare
le pp. 263-265. Uwe Prutscher, nel suo volume sui giuramenti tra le città italiane al
tempo del Barbarossa esorta a osservare bene il contenuto del patto per vedere quando
questo lascia materialmente e formalmente il piano del giuramento di fedeltà e diviene
alleanza, ma poche righe dopo questa affermazione, ammette che nei contratti comunali non
si può scindere tra fedeltà e alleanza (Prutscher, Der
Eid in Verfassung, cit., pp. 111-114).
(65) G. Colombo, Documenti dellArchivio Comunale di Vercelli relativi ad
Ivrea, Pinerolo, 1901 (Biblioteca della Società Storica Subalpina , VIII), n.
XXVIII, pp. 53-55.
(67) Ivi,
n. CIX, pp. 160-171: comune et singulares homines
civitatis Yporegie iurabunt fidelitatem comuni vercellensi secundum formam antiquam et
scriptam et secundum pacta et condiciones. [...] et omnia predicta et singula superius
dicta homines utriusque civitatis quilibet .XXV. annis superius usque ad .LXX. annorum
iurent hostiatim et credenciarii iporenses et vercellenses adtendere et observare et firma
tenere et habere et non contravenire in perpetuum aliquo modo vel ingenio.
(68) Il
Caleffo Vecchio, cit., n. 269, pp. 403-407: Et utraque comunitas ponet et ponere teneatur in statuto
comunitatis sue, cum ordinabitur per statutarios, speciale capitulo in quo contineatur
hanc societatem firmam et illibatam tenere et observare per omnia et singula capitula, et
quod sic iurabunt potestates et consules utriusque comunitatis cum iurabunt regimen
civitatis sue, et sic annuatim in perpetuum sine diminutione aliqua. Item iuramenta
consiliariorum et populi utriusque comunitatis renoventur de singulis in singulis decem
annis. Si è conservata la lista dei giurati chiusini, in ivi, n. 335, pp. 511-513.
(69) Ivi,
n. 269, p. 407: Et nos Clusini singulis [annis]
dabimus et dare teneamur comuni Senensi unum cerum more solito.
(70) P. Cammarosano, Introduzione al Caleffo Vecchio del Comune di Siena,
in Il Caleffo vecchio del Comune di Siena, a
cura di M. Ascheri, V, Siena, Accademia degli Intronati, 1991.
(71) Si tratta di un modello che rimase
stabile per lungo tempo e che fu utilizzato in circostanze differenti come testimoniano i
giuramenti prestati negli anni 30 del XIV secolo dai cittadini di Lucca e di Pistoia
a Giovanni di Boemia. Per Lucca si veda F. Landogna, Giovanni
di Boemia e Carlo IV di Lussemburgo signori di Lucca, in Nuova Rivista
Storica, XII (1928), pp. 53-72; per Pistoia J.C. Brown, In the shadow of Florence. Provincial Society in Renaissance
Pescia, New York-Oxford, Oxford University Press, 1982, pp. 23-25. E bene
però sottolineare che anche nellambito delle fedeltà allImpero vi possono
essere notevoli differenze tra le modalità di giuramento. Di tuttaltro tenore
rispetto al vincolante giuramento imposto da Federico I ai Milanesi nel 1158 (Atti del Comune di Milano, cit., n. XLV, pp. 63-66)
è, ad esempio, il giuramento di fedeltà dato dai Pisani a Enrico VI nel 1191, dove il
podestà Tedicio si impegna per se stesso e per la città e promette di far giurare i
Pisani secundum quod consules consueti sunt facere
iurare populum sub consulatu (MGH, Leges, sectio
IV, Constitutiones, cit., p. 476).
Ugualmente il giuramento di fedeltà prestato nel 1256 da Pisa ad Alfonso X di Castiglia,
eletto re e imperatore dei Romani, doveva essere pronunciato in primo luogo dal podestà e
dal Consiglio, e solo in seconda istanza dalla popolazione; materialmente venne poi
espresso, c o m e e r a c o n s u e t u d i n e dei Pisani, soltanto da Bandino Lancia dei
Casalei, messo, ambasciatore, procuratore e sindaco del Comune di Pisa (F. Dal Borgo, Raccolta di scelti diplomi pisani, Pisa, 1765, pp.
56-59). Per il giuramento di fedeltà allimperatore nel Medioevo si veda Prodi, Il sacramento del potere, cit., pp. 63-104, in
particolare le pp. 93-96.
(72) Secondo Prodi la distinzione tra
giuramenti gerarchico-verticali e giuramenti orizzontali-paritetici rischia di farci
perdere proprio il contenuto attivo del giuramento come produttore ad ogni livello di
diritto e di sovranità diffusa, intesa nel senso indicato da Hicmaro di Reims: ogni uomo
in qualche modo attraverso il sacramentum iuris
diventa soggetto attivo, con poteri e ruoli naturalmente molto differenziati ma non
qualitativamente diversi (Il sacramento del
potere, cit., p. 77).